PROLOGO: Anchorage, Alaska
Chi non conosceva la Clinica
Bethstein, aveva la certezza che si trattasse di una specie di prigione -e,
diciamocelo, il monolitico edificio, protetto dai migliori sistemi di sicurezza
che il denaro potesse comprare, non dava l’impressione di quello che era per
davvero: il migliore santuario per le donne vittime degli abusi dei
super-esseri.
La struttura poteva essere
sterile, sgradevole a vedersi…ma la grande solidità era un requisito
indispensabile, quando il di lei compagno incavolato era in grado di buttare
giù una casa a pugni!
Anne Allen desiderava essere così fortunata! Se suo marito fosse
stato un super-manesco, sarebbe bastato metterlo dietro delle sbarre abbastanza
forti..! Purtroppo, a suo modo, William poteva essere molto più infido…
“Stai pensando a lui?”
Anne sobbalzò leggermente,
poi si voltò a guardare verso la proprietaria della voce: Melissa Allen,
sua…la loro…figlia. Sedici anni di esuberanza giovanile, lo stesso volto del
padre ed altrettanto testarda. Anche se aveva dovuto subire le improvvise
violenze di William, si era anche dimostrata altrettanto incline al perdono.
Infatti, non aveva mai approvato la fuga verso la Clinica…
“Sì, sto pensando a lui,”
disse Anne, senza aggiungere altro…Ormai, qualunque cosa dicesse, riusciva solo
a rinfocolare i contrasti col sangue del suo sangue…
Melissa sospirò. “Dovremo
restare qui per molto? Comincio a non ricordare più com’è il mondo, fuori da
questo posto orrendo…”
“In questo ‘posto orrendo’
riusciamo a lavorare, studiare e a vivere, e senza pagare l’affitto,” ribatté
Anne, stancamente, non desiderando davvero affrontare nuovamente quel discorso.
La Fondazione Bethstein metteva a disposizione dei suoi ospiti tutti i mezzi
necessari per il tele-lavoro e tele-studio. Gli strumenti di ricreazione non
solo abbondavano, ma erano concepiti per soddisfare tutte le età e necessità. I
rifornimenti di cibo erano regolari e con scelte variegate -insomma, si
potevano passare anni, nella Clinica, senza bisogno di lasciarla…
Melissa non condivideva tale
opzione. L’unica fortuna era che, per ora, erano solo lei ed un paio di suoi
amici coetanei a pensarla così. Gli altri ragazzi, maschi o femmine che
fossero, avevano sofferto abbastanza, per pensare ad aspirare ad una ‘libertà’
potenzialmente più pericolosa della ‘prigionia’…
“Ad ogni modo,” proseguì
Anne, “Resteremo qui fino a quando non sarò materialmente certa che William
sarà guarito, o comunque incapacitato a metterci le mani addosso.”
“Mamma!”
Si trovavano nel solarium.
Una musica d’ambiente riempiva dolcemente l’aria e distendeva i nervi insieme
ad un’accorta combinazione di colori che si alternavano in ‘quadri’ a cristalli
liquidi tatticamente disposti.
Decisamente, i nervi delle
due sole ospiti erano al di là di simili mezzi, adesso.
Anne, in un succinto bikini e
gran cappello di paglia, sdraiata su una sedia nel mezzo di una buona
imitazione di spiaggia tropicale, si tolse gli occhiali da sole. “Niente
‘mamma’ con me, signorina. Io sono disposta ad aspettare altri due anni, fino a
quando non avrai l’età per decidere della tua vita, poi potrai andare da quel
pazzo e sperare che lui sia degno del tuo perdono. Fino ad allora…”
Melissa non capì, lì per lì,
perché sua madre avesse improvvisamente taciuto. Poi, la vide spalancare gli
occhi in un’espressione di puro orrore!
Infine, Melissa sentì la puzza.
E si voltò.
MARVELIT presenta
di Valerio Pastore
Episodio 14 - LEGAMI DI FAMIGLIA (II Parte)
L’ultima volta che Melissa
aveva visto suo padre, aveva visto un essere umano. Aveva visto l’uomo cui
voleva bene, che rispettava, vivo e vegeto. Lo amava, ed era disposto a
perdonarlo…
Adesso, l’unica cosa che
provava era lo stesso orrore condiviso da sua madre. Sapeva che William Allen
era stato contaminato da un qualche virus, ma era stata pietosamente tenuta
all’oscuro sugli effetti di quel virus. Sapeva solo quello che le
avevano detto: che William Allen era impazzito.
Non che fosse diventato Carrion.
Un morto vivente, dalle carni giallastre, vestito solo di qualche straccio,
con gli occhi ridotti a palline raggrinzite sprofondate nelle orbite…
Purtroppo, Melissa non poteva
obiettivamente riconoscere suo padre in quella cosa. E urlò.
In quel momento, gli allarmi
unirono la propria voce a quella della ragazza.
“Melissa…” disse Carrion,
tendendo una mano. Melissa, invece, indietreggio fino ad inciampare contro la
madre, cadendo su di lei.
Carrion non fece una mossa,
verso di loro. Le guardava con quei suoi occhi morti, il volto scavato scevro
di ogni emozione. “Sei cresciuta, piccina mia…” se c’era dell’affetto, in
quelle parole, la sua voce gracchiante lo nascose molto bene…
Melissa non osava, non voleva
credere di avere a che fare con quel mostro! Lei e sua madre si alzarono in
piedi in modo disordinato, quasi cadendo di nuovo nel processo.
La porta del solarium si
aprì, e ne entrarono uomini e donne armati fino ai denti. La pronta risposta
alle intrusioni era un altro punto d’onore della Clinica: troppe volte, in
strutture meno organizzate, capitava di restare impotenti, costretti ad
aspettare l’intervento di qualcun altro…
Carrion non si scompose
neanche in quest’occasione. Senza neppure voltarsi, disse solo, “Andatevene.”
Invece, le guardie in tuta
rossa e bianca puntarono le armi…E l’istante successivo, ondeggiarono, con gli
occhi spalancati. Presero a boccheggiare, istintivamente preoccupati di
respirare invece che dell’intruso. Uno dopo l’altro, caddero a terra, svenuti.
Ironicamente, i dispositivi concepiti dallo SHIELD li proteggevano dal potere
anti-vita di Carrion…ma non gli impedivano di repellere l’aria intorno a loro!
“Non
sono venuto per arrecarvi del male, o per rapirvi” disse Carrion, rivolto alla
sua famiglia. “Voglio solo dirvi che…” un colpo sparato alle sue spalle gli
impedì di proseguire! Carrion si trovò avvolto da un bozzolo di energia,
concepito per impedirgli di teleportarsi e di usare i suoi poteri. Un colpo che
non poteva fargli male, ormai lui era da tempo al di là del dolore. Fissò Anne
e Melissa, che si stringevano l’una all’altra, guardandolo con uguale paura…
La decrepita figura,
leggermente china, con le mani costellate di macchie del fegato, i capelli
completamente imbiancati ad incorniciare un volto raggrinzito fino a sembrare
un teschio, si muoveva come un fantasma, nel proprio castello.
L’apparenza non doveva
ingannare, tuttavia: nonostante i cento e passa anni di vita, la mente di Victor
Salisgrave era ancora animata dallo stesso fuoco, indomito come la
lucidità, che scorreva nella sua famiglia -un requisito diventato genetico, in
una stirpe che trovava in lui il solo erede delle grandi tradizioni mistiche
dei Pitti…
Il Conte aveva del personale,
nel castello, ma non si sarebbe mai permesso di chiedere loro aiuto: il loro
scopo era solo badare al castello ed alla preparazione dei pasti, e ad ogni
altra mansione di manutenzione. No, per assisterlo nelle sue pratiche con il
mondo dell’occulto, Victor aveva bisogno di ben altro! Di un familiare,
per la precisione. Dopo la ‘morte’ di Claudius[i], aveva dedicato
molte delle proprie energie per un suo sostituto…Ed ora, improvvisamente, il
suo lavoro era stato interrotto!
Lo strano fenomeno di corruzione
che aveva coinvolto il mana[ii]
era già grave abbastanza di per sé…ed ora, qualcosa lo stava ulteriormente
alterando…Gli venne in mente il processo di aggrumazione in una crema: da
composto uniforme a qualcosa di grumoso…
Solo che i ‘grumi’ di mana si
stavano, apparentemente, spostando in un’unica direzione, guidati da una
volontà estranea[iii]. Il che andava male,
molto male!
Avrebbe
dovuto fare qualcosa, in merito…
“Con un po’ di fortuna, non capiranno
che ha potuto violare le loro barriere grazie al mio intervento,” disse Nebulon.
Il gruppo dei Supernaturals
si trovava ben lontano dall’edificio. Per la precisazione, si erano spostati
presso una baracca disabitata in una delle isole del Mare di Bering….Impresa
alquanto facile, quando si possedeva anche solo un frammento di specchio
attraverso cui passare, per cortesia di Tagak.
“Mi sembri fiacchetto,”
commentò Moonhunter, guardando attraverso una finestra rotta. La baracca
in legno era in piedi per un qualche miracolo, visto che, dato il suo stato,
doveva essere stata abbandonata da anni in mezzo ad uno dei mari più impietosi…
“Ti basta così poco, per farti venire il fiatone?”
Nebulon spiegò i propri
timori in merito all’alterazione del mana terrestre -un fenomeno che lo
riguardava, nella misura in cui una forza esterna si opponeva al suo
interfacciamento con la biosfera, da cui lui traeva energia per usare i suoi
poteri...
Il peggio era, che il
fenomeno era in qualche modo progressivo…Nebulon temeva che usare ancora
il suo potere avrebbe attirato l’attenzione di quella volontà sconosciuta.
Ad ogni modo, con un po’ di
fortuna, non avrebbe dovuto verificare quel timore, per ora, non fin quando si
trovavano su quell’isola lontana dalle normali rotte dei pescherecci…E anche
gli altri non sembravano impazienti di mettersi nei guai. Nightshade, la
neo-licantropessa, preferiva starsene sdraiata su un fianco, per terra, davanti
al caminetto acceso. Senza la sua armatura magica, priva del suo body
sbrindellato, assomigliava effettivamente ad un curioso, enorme cane beato
dalla pelliccia nera.
Fuori,
incuranti del tempo e del freddo, Hobgoblin e Dreadknight
pattugliavano la zona intorno all’isola. Si erano allontanati parecchio dal
resto del gruppo, e lo stesso Carrion era già molto lontano…Uno sparpagliamento
delle forze reso possibile solo dalla strana magia che li teneva altrimenti,
volenti o nolenti, uniti a distanza ravvicinata. Una magia capace di
comprendere le loro intenzioni: se solo uno di loro avesse, in quel momento,
deciso di lasciare i Supernaturals, la ricompensa per tale decisione sarebbe
stata un dolore lancinante…
…Un dolore terribile, eppure
così dolce, mentre, un po’ alla volta, con ogni pulsazione del cuore, la vita
stessa scivolava via.
Non c’erano state finezze di
sorta, rituali di seduzione, inganni. C’era stata solo la sete, la terribile
sete, la brama di vivere a qualunque costo, anche a spese di colui che ti aveva
appena salvato la vita.
Lilith, la figlia di
Dracula soffriva di quella sete.
Aveva imparato a tenerla sotto controllo nutrendosi continuamente, a piccole
dosi, in modo che le sue vittime non diventassero dei non-morti a loro volta.
Ma questa volta era diverso: questa volta, la battaglia le aveva tolto più
energie di quanto avesse temuto. Questa volta, avrebbe dovuto nutrirsi ad un
punto tale da non potere neppure permettere alla sua preda di risorgere.
E Lilith pianse, mentre si
saziava del sangue di Tagak. Lui non aveva esitato: dopo averla trascinata
nella sua dimensione[iv], le aveva offerto la
giugulare.
Dapprima, il dolore del
morso, poi l’estasi di quella sinistra comunione. La consapevolezza del
sacrificio, e un’ultima scintilla di colpevolezza nell’accettarlo. La pelliccia
ed il costume blu erano rigate di sangue…
Quando
ebbe finito, Lilith tenne la testa del suo compagno di squadra in grembo, ed urlò il suo dolore al cielo di
cristallo…
“Ma tu non moristi,” disse la
vampira, osservando le onde infrangersi contro gli scogli. La pioggia aveva
infradiciato sia lei che Tagak, ma entrambi, seduti sul ciglio della scogliera,
non ci facevano caso. “Ho preso tutto il tuo sangue, e non solo sei vivo, ma
ora condividiamo lo stesso legame che divido con i miei servi.”
“Te ne dispiace?” chiese
l’uomo-leopardo dagli occhi di giada.
Lilith sospirò. “Non lo so.
Non è mi è mai successa una cosa simile, prima d’ora.” Sorrise. “Devo ammettere
che se fossi morto, mi avresti facilitato molto le cose. Saprei che la tua
fedeltà sarebbe dovuta alla gerarchia ed a nient’altro.”
“Lilith ha forse paura di
amare?” chiese Tagak, con un tono casuale.
“…”
“Tuo padre non ha paura di
questo sentimento, apparentemente…”
“Mio padre?” Lilith ridacchiò
con tono amaro. “Mio padre è un maniaco del controllo. Ha vampirizzato Rachel
van Helsing per potere provare ai suoi nemici la grandezza del suo potere e
null’altro. No, Tagak, Dracula non ha paura di amare: non sa nemmeno cosa sia,
amare. Non più.” Si voltò a fissare Tagak negli occhi. “Ho avuto a che fare con
mortali che non avevano paura di me, ma tu sei il primo che sia stato pronto
all’estremo sacrificio per me, sapendo chi sono. E, come ho detto, è qualcosa
che non…”
A
quel punto, l’acqua stessa sembrò esplodere! Un’onda gigantesca, completamente
inaspettata, travolse le due figure, e sommerse la scogliera…
“Certo che volevi solo
‘salutarci’, marito adorato…” la voce di Anne era puro distillato di veleno. “Quello,
e magari farci provare la delizia di essere come te, giusto? La sposa e la
figlia dello zombie in un colpo solo!”
Carrion era chiuso in una
speciale teca di contenimento, avvolto nel campo di energia che neutralizzava i
suoi poteri -un sistema già efficacemente collaudato alla Volta[v]. La teca, a sua
volta, si trovava all’interno di una camera blindata, collegata con l’esterno
solo da una telecamera.
Attraverso lo schermo,
Melissa cercava ancora di trovare una traccia di suo padre nel prigioniero…
“Non ho mai smesso di volervi
bene,” rispose Carrion.
“Tu…”
“Se avessi voluto
costringervi con la forza, avrei potuto farlo immediatamente, così come avevo
sistemato quelle guardie. Se fossi un assassino, le avrei uccise invece di
stordirle.
“Se avessi voluto
zombificarvi, avrei potuto farlo con il mio sguardo. Lo SHIELD non può non
averti informata sui miei poteri, Anne.”
La donna tacque. Finalmente,
Melissa disse, “Papà..?”
“Mi dispiace che sia finita
così, Melissa. Tua madre ha fatto bene a tenerti lontana da me: il virus
Carrion possiede una volontà propria, ed è vero che feci delle cose terribili
sotto la sua influenza. Ma anche se non scorresse nel mio corpo, a questo punto
non potrei tornare con voi. Non per diverso tempo, almeno.” Poi, per la prima volta,
la sua voce iniziò a tremare. “Anne, non ho intenzione di perseguitarvi, devi
credermi. Lasciate questo posto. Se davvero vuoi tornare a vivere una vita
normale, allora fallo: starò meglio, sapendo che c’è qualcuno a prendersi cura
di voi…”
“Molto nobile, William,”
ribatté Anne. “Però non ho bisogno del tuo permesso. E puoi stare sicuro che,
una volta che ti saprò alla Volta, e una volta liberatomi di questa inutile
mocciosa, saprò viverla per davvero, la mia vita!”
Sul monitor, il volto di
Carrion mostrò una sorpresa riflessa in quello di Melissa…Ma la ragazza non
ebbe il tempo di porre alcuna domanda, perché l’attimo successivo, la mano di
Anne Allen saettò verso la sua gola!
“Sarà una sciocchezza,” disse
Melissa, con un sorriso assassino stampato in volto. “Non avrò difficoltà a
convincere la sicurezza che in qualche modo mi hai costretto a spezzarle il
collo. A quel punto, faranno molto peggio che imprigionarti: ti faranno a
pezzi!” e strinse la gola della ragazza, mentre questa, inutilmente, si dibatteva
per liberarsi.
Carrion
batté i pugni contro la teca, altrettanto inutilmente…
I tentacoli schizzarono fuori
dall’acqua, un orrido groviglio pieno di ventose uncinate, fitto come le radici
di un albero secolare!
Sfortunatamente, sia
Hobgoblin che Dreadknight erano già sull’allerta, ed erano dei veterani: la
loro risposta fu tanto rapida quanto letale. Impugnando la lancia con la
sinistra, il cavaliere estrasse la spada con la destra e menò un fendente ai
tentacoli più vicini!
Fiamme
infernali sgorgarono dalle mani di P.J. Macendale, dirette verso la superficie
marina. Fiamme mistiche che l’acqua non estinse, e che colpirono in pieno il
loro bersaglio. A quel punto, un urlo mostruoso, un verso di qualcosa che non
era di questo mondo, sopraffece il rumore del temporale.
L’onda si ritrasse
dall’isola, lasciandosi dietro i miseri resti della baracca…e i Supernaturals,
protetti da una bolla di energia.
Nebulon spense la bolla.
L’onda si ritrasse, ma invece
di tornare al mare, prese una torreggiante forma umanoide!
“D’accordo: si accettano
suggerimenti,” disse Moonhunter, guardando il demone d’acqua levare il pugno,
pronto a colpire di nuovo.
La biosfera poteva essere
troppo incasinata per interfacciarvisi, ma Nebulon era ancora un membro del suo
popolo, e possedeva una dote naturale che non abbisognava della biosfera, per
funzionare…
Il gigante calò il pugno, con
una forza sufficiente a spezzare l’isola stessa…E, invece, quel pugno si
infranse contro un altrettanto gigantesco braccio corazzato!
Nebulon
era, infatti, un metamorfo, ed ora aveva assunto l’aspetto di un drago
marino del suo pianeta, una creatura capace di sopravvivere a pressioni
impensabili!
Le guardie picchiavano contro
la porta, ma senza il minimo successo. Le telecamere erano tutte fuori uso, ad
eccezione di quella che dava sulla cella di Carrion.
Anne se la stava prendendo
comoda, godendo ogni secondo dell’agonia di sua figlia. “Che effetto fa
l’impotenza, mostro? Dimmi, non stai maledicendo la tua patetica ‘alleanza’?”
A quell’ultima frase, Carrion
smise di dibattersi. “Che cosa?!”
Anne guardò verso il monitor.
“Sei solo, ed i tuoi ‘amici’ non possono aiutarti, adesso.” La sua voce
aveva assunto un timbro maschile! “Coraggio, rinuncia a loro. Rinuncia di
tua libera volontà, dammi la tua parte del Caduceo degli Sterling, e tua
figlia vivrà. Altrimenti, passerai il resto dei tuoi giorni a rimpiangere la
tua stupidità!”
“Tu chi sei..?”
Anne diede un’altra scossa a
Melissa, che ormai era tenuta sospesa per il collo, e boccheggiava
pietosamente. “Ti preoccupi di queste sciocchezze, Carrion? Voglio una
tua decisione. Il frammento, oppure…”
“Maledizione! Non so nemmeno come
posso togliermelo! Lascia stare mia figlia, o ti giuro che…”
“Non sei in grado di dettare
condizioni, Allen. Devi…NO!” improvvisamente, una corrente di nebbia si
frappose fra lui e Melissa. In un attimo, quella nebbia si trasformò in
un’enorme femmina di lupo mannaro.
La sorpresa fu tutto quello
che Anne poté esprimere, prima che un tremendo colpo di artigli le aprisse il
ventre!
La donna urlò con entrambe le
voci, la sua e quella del suo ‘ospite’. Lasciò la presa. Melissa cadde…fra le
braccia di Tagak!
L’acqua eruttò un orrore delle acque che superava ogni
descrizione. Bastava sapere che la sua sola bocca era una corona di zanne
aguzze, da cui saettavano altri tentacoli, più piccoli, sulla cui sommità
stavano degli occhi. I tentacoli più grandi frustavano l’aria verso le
loro elusive prede.
Hobgoblin continuava ad alternare fiamme e pipistrelli
di fuoco, riuscendo a tenere a bada gli attacchi. Tuttavia, appena lui o
Dreadknight distruggevano un tentacolo, questi si rigenerava quasi
istantaneamente. Fortunatamente, Hobgoblin era un demone, e ce ne avrebbe messo,
per stancarsi. Il cavaliere era potenziato dalla sua armatura, e il più del
lavoro lo facevano la sua lancia e il destriero Batwing…
Hobgoblin, concentrato sui pericoli davanti e sotto di
lui, non si accorse di un tentacolo pronto a colpirlo alle sue spalle…Non fino
a quando una porzione di quel tentacolo non fu distrutta da un’esplosione!
Voltò la testa.
“Ammettilo, amore: cosa faresti, senza di me?” disse
Moonhunter, impugnando una granata e al contempo reggendo il manubrio del suo
skycicle. Come sempre, Nightshade sedeva dietro di lui.
“Davvero, questo si chiama barare,”
Anne si reggeva lo stomaco grondante sangue. Rivoli di sangue uscivano anche
dalla sua bocca. “Da quando in qua voi eroi giocate così pesante?”
Sullo schermo, Carrion urlava
ed imprecava come mai aveva fatto in vita sua. Lilith osservò quella donna che
stava in piedi nonostante una ferita di fatto mortale.
Tagak indietreggiò di un
passo, reggendo la ragazza.
“Ma non importa,” disse Anne,
aprendo le braccia…e mostrando uno stomaco perfettamente intatto sotto il
vestito squarciato! “Adesso siete addirittura in tre, il che va ancora meglio.
È ora di alzare la posta!”
Tagak la vide fare un
cenno…Poi, si ritrovò la gola serrata in una presa feroce!
“Come ho detto al vostro
amico,” disse Melissa, con la stessa voce maschile, aliena, “mi serve il
Caduceo, e il più in fretta possibile. Per ringraziarvi di avermene portato
altri due frammenti, vi ucciderò in fretta. Così parla Master Pandemonium.”